Olio su cartone telato 30×40
1984
Tita Mozzoni (1894-1986).
“Fu avviato all’arte dal fratello Giuseppe dal quale apprese anche gli elementi dell’affresco, esercizio pittorico affiancato presto dallo studio della storia artistica in cui divenne, negli anni, un vero esperto. Dal 1918 lavorò come insegnante in quella scuola Moretto della quale era stato allievo e dove rimarrà per 26 anni, crescendo generazioni di giovani all’amore per l’arte, molti oggi noti pittori, quali Mario Pescatori, Battista Simoni, Enrico Ragni, Oscar Di Prata. […] Lorenzo Faver, critico e pittore, scrisse che “Tita Mozzoni è tra i pochi pittori che hanno saputo tener conto dell’evolversi della storia dell’arte”. L’affermazione è interessante, anche se in senso relativo: accolse l’eco solo di quelle correnti che sentì vicine alla propria natura aprendo sperimentalmente sulla fine degli anni Quaranta; significativa la tela inviata nel 1950 al concorso Ramazzotti. Si tenne ai margini della polemica fra tradizionalisti ed astrattisti, esplosa nel 1953 col Premio Brescia, a conferma di una capacità di cogliere i mutamenti dei tempi, già dimostrata negli anni Trenta con l’attenzione alla scuola romana ed a artisti come Tosi, De Pisis, Semeghini, Sironi, pur non smentendo la solida matrice di realismo lombardo nella quale si mantenne radicato, attestata anche dalle opere dei decenni successivi, in particolare ritratti. […] Anche negli ultimi anni mantenne la loquacità dell’intrattenitore, gli occhi accesi dall’entusiasmo quando parlava d’arte e di artisti, puntuale nei giudizi, generosi con i colleghi”.
Estratto del testo di Attilio Mazza