Grafite su cartoncino, 110×90 cm
1994
Luigi Paracchini nasce nel 1945 e sin dagli inizi della sua carriera, avviata negli anni Sessanta, si esprime con una grammatica legata all’espressionismo.
A partire dagli anni Ottanta, si posiziona in un’area definitivamente bidimensionale in cui le masse decolorate e ridipinte, unitamente al segno disposto su vari materiali, si mescolano a testi di scrittura volti a evocare luoghi di memoria.
Di recente il lavoro dell’artista ha espresso l’esigenza e l’urgenza di una nuova figurazione. Numerose le presenze sia in collettive (anche con il gruppo Esprit de finesse al quale aderì sin dal 1987), sia in personali organizzate in Italia e all’estero.
Utilizzando la grafite, Paracchini “fa balenare forme come ombre sottili segni sottopelle.
Il rigore sta nel sottrarre quelli che l’artista chiama i segni sotto al limite della visibilità e dell’impalpabilità, disponendoli a un’amplificazione percettiva che apre spazi fantastici, o crepe sottili, che fanno spiare pause, silenzi, attese.
Il segno è come un ordito lirico, in ritmi sincopati, dove l’interspazio stesso diventa campo d’energia. Il supporto [si fa] grembo generante e inghiottente di segni, illuminato da luci introflesse.” (dal testo di Fausto Lorenzi)